Alessandra Valeri Manera e Vera Slepoj

I due poli opposti del dibattito su Sailor Moon

 

Nel 1997 la trasmissione della serie animata Petali di stelle per Sailor Moon sulle reti Mediaset provocò un'accesa polemica mediatica.
I due poli opposti del dibattito furono rivestiti dalla psicologa Vera Slepoj, che attaccò aspramente la serie evidenziando possibili conseguenze negative sul pubblico infantile, e da Alessandra Valeri Manera, portavoce del gruppo Mediaset, che confutò i pensieri della psicologa intervenendo come responsabile dell'arrivo in Italia del cartone animato giapponese e della sua messa in onda nella tv dei ragazzi.

 

Sono qui riportai tre articoli della primavera 1997 tratti da Il Giornale e La Repubblica, per i quali si ringrazia il sito dell'associazione ADAM.

 

Vera Slepoy: «Sailor Moon disturba la sessualità»

Articolo dell'8 Aprile 1997 tratto da "Il Giornale"

AMALFI. Poveri bambini. O povera Tv. Non si sa più chi e cosa compiangere nella saga della Tv cattiva maestra. Ora viene anche accusata di disturbare lo sviluppo sessuale dei bambini. Sotto accusa questa volta è Sailor Moon, il popolare cartone animato di Rete 4. A lanciare l'accusa è la solita Vera Slepoj, psichiatra. «Sailor Moon - dice - è una eroina dotata di una grande forza, una donna che comanda. È un personaggio molto ambiguo, con tratti maschili. Tutto ciò crea disturbi nei bambini con problemi di femminilizzazione, bambini molto confusi che desideravano indossare gli abiti e portare i gadget di Sailor Moon».


Per Valeri Manera «Sailor Moon non è pericolosa»

Simonetta Robiony, articolo del 9 Aprile 1997 tratto da "La Repubblica"

ROMA - Dopo le polemiche dichiarazioni della psicologa Vera Slepoj a proposito della serie cartoon di Retequattro "Sailor Moon", ("porterebbe devianze nel comportamento sessuale dei bambini"), replica Alessandra Valeri Manera, responsabile Mediaset dei programmi per ragazzi: le affermazioni «sono una banalizzazione per vedere nella tv il demonio o l'angelo salvatore, distraendo così l'attenzione dal vero punto: il processo educativo avviene all'interno delle famiglie e non grazie alle sollecitazioni della televisione».


Sailor Moon HORROR

Federica Lamberti Zanardi, articolo del 30 Maggio 1997

tratto da "Il venerdì di Repubblica"

«Non mi sarei mai sognata di parlare di Sailor Moon se non fosse prepotentemente entrata sulla scena clinica» spiega Vera Slepoj psicoterapeuta e presidente della Federazione nazionale psicologi e fondatrice di Video Help, una linea telefonica di supporto per le famiglie che vogliono parlare dei problemi causati dalla televisione. Ed è proprio attraverso Video Help che sono giunte le segnalazioni dei cinque casi di disagio psicologico causati dalla visione continua di Sailor Moon. Ed in base a queste segnalazioni è stato creato un gruppo di studio con dieci psicologi che analizzeranno per alcuni mesi il cartone animato incriminato. Ma è possibile che una favola animata possa incidere così pesantemente sull'equillbrio psichico di un bambino? Non saranno stati altri fattori, come l'ambiente sociale o il clima familiare, a determinare i disturbi dei cinque piccoli pazienti? Alessandra Valeri Manera responsabile dei programmi per bambini di Retequattro ha una sua idea precisa «L'ho già detto e lo ripeto, mi sembra una delle tante banalizzazioni che vogliono vedere nella tv il diavolo o l'angelo salvatore, distraendo l'attenzione dal vero problema: la famiglia. E lì, infatti, che avviene il processo educativo e non dalle sollecitazioni della tv». Ma Vera Slepoj ha dei dati seri, precisi, che non si possono ignorare. (...) Ma allora si deve bollare questo cartoon giapponese come pericoloso? «Sarebbe meglio dire vietato ai minori di dodici anni. E soprattutto si dovrebbe chiedere a Mediaset lo spostamento della messa in onda. A quell'ora infatti davanti al video ci sono anche bambini piccoli. Oppure, si potrebbe evitare di trasmetterlo tutti i giorni. È, infatti, l'assiduità quotidiana che crea una dipendenza psicologica e amplifica gli effetti negativi». Ma in Mediaset non sono convinti che Sailor Moon sia pericolosa, «Questo tipo di accuse fanno riferimento a modelli maschili e femminili molto invecchiati» risponde sempre Alessandra Valeri Manera «Sarebbe come pensare che libri che raccontano le avventure di un gruppo di maschi come I Ragazzi della via Paal o Cuore possano creare problemi di identità alle ragazze che li leggono. E poi noi facciamo una grande attenzione a cosa mandiamo in onda. Tanto che lavoriamo spesso con un'équipe di psicologi».
Rimane il fatto che cinque bambini sono in cura per la visione assidua di Sailor Moon. Cerchiamo allora di capire quali elementi della storia o del disegno fanno così male ai bambini. Primo, è troppo violento. E l'aggressività è indotta non solo dalle trame degli episodi, ma anche da alcuni tratti del disegno. «Gli occhi troppo grandi rispetto al viso, la bocca anch'essa enorme e sempre spalancata rimandano un messaggio simbolico di grande violenza», sottolinea la Slepoj. Ma l'effetto più devastante è l'ambiguità fra il bene e il male. Se nei vecchi prodotti giapponesi, come Mazinga o Ufo Robot, i buoni e i cattivi erano facilmente identificabili, qui tutto si confonde. La trama delle puntate di Sailor Moon spesso assomiglia più ad un film di Dario Argento che ad un programma per bambini. Le guerriere della luna, infatti non combattono contro mostri o criminali. No, il loro nemico sono le forze oscure del Regno del male. Forze che riescono subdolamente a impossessarsi di ignari personaggi. Così la bambina che corre felice fra le braccia della mamma, si accorge troppo tardi che la sua mammina è posseduta da un "inviato del regno delle tenebre" e si trova avvinghiata ad un mostro orripilante. Ora, a qualsiasi persona che mastichi un po' di psicologia appare chiaro come una scena del genere vada a toccare gli aspetti più profondi dell'inconscio, l'ambiguità ancestrale della relazione madre-figlio. E ci si chiede, ma è veramente necessario proporre ad un bambino delle esperienze emotive così forti? «È proprio questo il punto. Perché i nostri figli devono essere sottoposti a situazioni traumatiche che difficilmente incontrerebbero nella loro vita?» si arrabbia la Slepoj «Chi sostiene che la paura fa parte delle favole fa solo dei falsi psicologismi. Un conto è una favola narrata da un adulto che con la sua presenza media l'impatto emotivo con la paura. Ma l'immagine video ha un effetto più forte perché non dà il tempo al bambino di rielaborare lo stimolo ansiogeno. La verità è che dobbiamo sviluppare una cultura dell'infanzia meno superficiale e con più rispetto dei bambini».